Il dolore e il terrore della guerra raccontato da due nonnini: le paure di una giovane madre e le vicissitudini di un giovane soldato.
Oggi, in occasione della Giornata della Memoria, abbiamo chiesto a due nostri ospiti di raccontarci la loro esperienza durante il periodo della seconda guerra mondiale, perché simili atrocità è bene non dimenticarle..
Ecco le loro storie:

“Scappavamo spesso nei rifugi, erano brutti tempi quelli della guerra.” – così esordisce Giordana, 97 anni. –

Avevo 2 figlie piccoline: la più grande aveva 4 anni, la più piccola l’avevo partorita da poco. Ricordo bene quel giorno… avevano dato “l’allarme dei sei”, e quando lo facevano significava che quasi certamente ci avrebbero bombardato. Allora insieme alle mie figlie e all’ostetrica scappammo verso il rifugio. Fortunatamente quella volta non ci bombardarono.
Quante volte io e le mie figlie ci siamo scorticate le gambe nel cortile buttandoci per terra nella speranza di salvarci! Buttandomi per terra proteggevo le mie figlie sotto di me perché pensavo «se muoiono loro, che muoia anch’io!»”

Giordana ci dice che di queste cose è meglio non parlarne, perché fa male ricordare quei momenti… “E’ proprio brutta la guerra..scappare ai rifugi, i bambini che urlano… è brutta la guerra.”

 

“Io sono stato in guerra per sette anni, ho preso parte a quattro campagne di guerra e sono stato ferito due volte. In sette anni ho fatto solo un mese di ferie” – ci racconta invece Mario, 96 anni

Quando siamo stati presi dai tedeschi io sono riuscito a scappare con i partigiani di Tito. Successivamente hanno formato una divisione di partigiani qui in Italia. In quel periodo, però, io ero in ospedale perché ero rimasto ferito da una granata.

Era il 24 dicembre, e i tedeschi ci sparavano con i mitra. Un nostro soldato venne ucciso. Allora il capitano mi disse di buttarlo via “perché un morto in mezzo ai vivi non fa bene”. E allora mentre strisciavo per terra arrivò una granata che mi ferì, lasciai il morto e scappai. Di lì andai in un capannone fatto di paglia, non c’erano nemmeno i medici. Avevo un gran male. Provarono a rimuoverlo, ma rimasero delle schegge. Dopo mi trasferirono in un ospedale.

Ho corso molto scappando, perché i tedeschi ci davano la caccia.

Mi avevano dato per disperso. Quando arrivò l’armistizio io tornai a casa e fu una gran sorpresa per i miei!

La guerra procurò solo tanti morti, chi si salvò fu una vera fortuna.. e io sono uno di quei pochi fortunati!”